Appalti pubblici: l’ineludibile “regola” delle Centrali Uniche di Committenza
Appalti pubblici: l’ineludibile “regola” delle Centrali Uniche di Committenza
La gestione degli appalti pubblici ex DL n. 66 e n. 99 del 2014, poi convertiti in Legge: l’ineludibile “regola” delle Centrali Uniche di Committenza
Sussiste per i Comuni non capoluogo di Provincia l’obbligo di ricorrere agli strumenti di acquisizione telematica o alla costituzione di una centrale unica di committenza, per l’acquisizione di beni e servizi Il Legislatore ha esteso notevolmente, con molteplici interventi normativi, l’obbligo per le PA di acquisire beni e servizi previa costituzione/domanda di/a “Centrali Uniche di Committenza”.
Al fine di “limitare l’elevata frammentazione del sistema degli appalti pubblici, e così conseguire la concentrazione delle procedure di evidenza pubblica”, l’ente Comunale, quindi, a pena di sostanziale invalidità dell’incedere amministrativo, non potrebbe più (in alcun modo) promuovere singolarmente una procedura di affidamento.
L’illegittimità dovrebbe ad inizio già essere sanzionata dall’ANAC, ivi la stessa autorità di controllo “non rilasciando il codice identificativo gara (CIG) ai Comuni non capoluogo di provincia che procedono all’acquisizione di lavori, beni e servizi in violazione degli adempimenti previsti”.
Anche nel denegato caso di (non evitata) violazione, il contratto stipulato sarebbe affetto da “nullità”, da cui, oltretutto, conseguirebbero delle rilevanti responsabilità disciplinari ed erariali degli amministratori competenti1.
Il riferimento normativo è l’art. 33, co. 3bis del Codice dei Contratti pubblici, novellato ex DL nn. 66 e 90 del 2014 (entrambi poi convertiti in legge), ove, difatti, si prospettano alle (ex) Stazioni Appaltanti essenzialmente quattro opzioni:
1. I Comuni non capoluogo di Provincia procedono all’acquisizione di lavori, beni o servizi nell’ambito delle unioni di Comuni di cui all’art. 32 del Dlgs n. 18/08/2000 n. 267, ove esistenti, oppure
2. costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici (anche) delle province, ovvero
3. ricorrendo ad un soggetto aggregatore ovvero alle province ex lege n. 56/2014.
4. In alternativa a quanto sopra, gli stessi Comuni possono acquisire beni e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto, gestiti da Consip Spa o dal altro soggetto c.d. aggregatore (analogo).
Il Legislatore ha quindi modificato, estendola in modo rilevante, la precedente formulazione normativa, in quanto le correlative incombenze (in precedenza) rimanevano riservate ai soli “Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti” (oggi a tutti i comuni non capoluogo di provincia).
Si precisa, tuttavia, che le disposizioni di cui al comma 3bis (fatto salvo quanto già previsto per i Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti), entreranno in vigore dal 1 Gennaio 2015 quanto all’acquisizione di beni e servizi, e dal 1 Luglio 2015 quanto all’acquisizione di lavori.
Vi sono poi da evidenziare le sorti dei c.d. acquisti mediante procedure negoziate di cottimo fiduciario (ma) di importo inferiore ad euro 40.000,00, o degli acquisti mediante amministrazione diretta, presumibilmente non ricompresi nel suddetto art. 33 bis.
Ed, invero, in attesa dei primi orientamenti giurisprudenziali del Giudice Amministrativo, seguendo l’iter logico della Corte dei Conti, Regione Lombardia, parere n. 165/2013, rimangono/rimarrebbero fermi, per le predette peculiari procedure, gli obblighi di cui alla legge n. 296/2006, comma 450 (poi novellata con DL del 2012), ovverosia:
“le amministrazioni statali centrali e periferiche nonché le altre amministrazioni pubbliche (ex Dlgs n. 165/2001) // per gli acquisti di beni e servizi al di sotto della soglia di rilievo comunitario, sono tenute a fare [direttamente] ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all’articolo 328, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207” (cfr. sul punto, Deliberazione della Corte dei Conti, Regione Basilicata, n. 67/2014).
NB. Infine, in tale (preliminare) analisi, deve essere considerato (seppur sinteticamente) un rilevante profilo processuale attinente all’individuazione del soggetto pubblico a cui i concorrenti di gara dovrebbero rivolgere tutte le contestazioni inerenti la legittimità della procedura di affidamento. In particolare, come anche rilevato da autorevoli orientamenti giurisprudenziali, “l’imputazione formale degli atti, rilevante [anche] ai fini della notifica del ricorso impugnato, non può che ricadere sulla centrale di committenza [o sulla Stazione unica appaltante], contraddittore necessario dello stesso, in quanto competente in via esclusiva all’indizione, regolazione, e gestione della gara e responsabile della stessa” (TAR Abruzzo, Sez. I, sent. n. 721/2014).